Il
mio parto cantato
E’ passato un mese.
Metto su le tre canzoni per la
respirazione, rientro in quell’atmosfera…
Ricordo la musica, la luce bassa,
l’atmosfera quasi mistica, il sudore, il mio compagno che mi tiene stretta, le
ostetriche.
Il mio parto e la sua nascita.
Sono le 21, ho le prime avvisaglie, siamo a
casa di amici. Torniamo a casa e metto su le canzoni che ho preparato per il
rilassamento. Meno male che giusto nel pomeriggio avevo visto come si mettevano
in ripetizione continua. Intanto prepariamo la stanza, i cuscini, il caffè nel
termos, le coperte, e metto le canzoni per respirare. All’una meno un quarto
faccio chiamare da Armando le ostetriche (io non riesco più tanto a parlare) e
inizio a “vocalizzare” mentre mi accovaccio davanti allo sgabello. Seguo la
musica, che conosco bene perché l’ho cantata tante volte. Quando fa più male
faccio uscire bene la voce, ora capisco cosa intendeva l’insegnante, ora viene
naturale tirarla fuori, non per urlare ma per far uscire fuori dal corpo il
dolore.
Poi arrivano le ostetriche, il medico, non ci
sono più dubbi, è proprio arrivato il momento. Non c’è più il tempo, ho gli
occhi chiusi e mi concentro sulla musica. Cerco di seguire la musica, più fa
male più mi concentro. Quando perdo il
filo Armando vocalizza con me e mi riporta sulla nota. Anche le ostetriche
cantano. Probabilmente da fuori sembra una seduta spiritica o una casa di
matti…! Intanto passano così quattro ore e io faccio di tutto per non perdere
la concentrazione, vocalizzare respirando bene così va tutto bene e dura il
meno possibile…
Poi lo sento che sta uscendo, ma non apro
gli occhi per non interrompere nulla, e mi concentro sulle note e canto (se
così si può dire). E così nasce.
Mi sembra sia stato un parto collettivo, un
team in perfetta armonia, che è arrivato al traguardo insieme. L’atmosfera era
veramente mistica, la musica mi è servita come filo conduttore di tutto, è
servita a tenere insieme tutto e tutti, un filo a cui aggrapparsi per non
perdere il controllo. Perché quando ho
perso il controllo loro mi hanno riportato sulla nota della canzoni e mi sono
ripresa. Il grido non è un grido, è l’impeto che esce dal corpo e segue la
musica, non ti spaventa.
E poi lui è nato. Come mi ha detto Marina,
l’ostetrica, l’ho respirato fuori, l’ho cantato fuori, e lui è uscito. E ho
aperto gli occhi. E l’ho visto. E abbiamo pianto. E quando ce l’hanno messo
sulla pancia gli abbiamo cantato la sua canzone, scritta quel pomeriggio, e con
l’altra musica preparata per l’evento.
Ancora oggi, ogni giorno gli canto la sua
ninna nanna, e per tranquillizzarlo o addormentarlo gli metto la musica che ha
ascoltato in gravidanza, il carillon quando lo cambio, il cd sempre lo stesso
in macchina, il cd degli zii durante il pomeriggio, perché si senta abbracciato
da un suono amico che già conosce e non si spaventi.
Non so come sarebbe stato tutto senza
musica, ne abbiamo parlato io e Armando. Forse un po’ più freddo, più
frammentato. Forse avrei avuto paura.
Si, sarebbe stato diverso.
Un altro parto però non me lo immagino
senza musica.
Federica
mamma
di Giuliano Libero, nato il 5 maggio 2011…scritta un mese dopo.
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